La schiavitù medioevale : e la sua influenza sui caratteri antropologici degli italiani

ReadAboutContentsHelp


Pages

4
Complete

4

4 R. LIVI

Di più se la storia, le tradizioni, i monumenti ci possono fare sicura testimonianza di grandi spostamenti di popoli interi, come sarebbero le invasioni galliche nella valle del Po, quelle dei normanni in Normandia, dei sassoni in Inghilterra, oppure di colonizzazioni, come le colonie fenicie e greche in Italia, le romane in Romania, ecc. ci sfugge dall'altro canto quella lenta e, per così dire, sporadica infiltrazione, che nel corso dei secoli può esser venuta a intorbidare la purezza etnica dei popoli, portandovi elementi di disparata provenienza. Come oggidì anche migliaia d'anni fa i centri urbani esercitarono sempre una grande attrazione, il cui ci circuito va aumentando in ragion diretta della importanza e della grandezza del centro stesso. Valga ad esempio la composizione straordinariamente cosmopolita della città di Roma, specialmente dall'epoca imperiale in poi, ed anche quella delle grandi metropoli moderne. Avyiene così che anche nella popolazione attuale si riscontra spesso una notevole differenza nei caratteri antropologici degli abitanti delle città in confronto con quelli delle campagne, segno di un continuo, benchè lento, rinnovamento, il quale, se è molto più evidente nelle città, non per questo non può anche aver luogo, in molto piu ristretta misura, nei centri minori e nelle campagne. Ed è ormai universalmente nota la teoria di Ammon e Lapouge sulla superiorità del tipo dolicocefalo nelle popolazioni europee, teoria basata sul fatto che questo tipo si troverebbe più numeroso nelle città che nelle campagne circostanti, e più numeroso anche tra i campagnuoli che emigrano nelle città. Per l'Italia, i risultati dell'Antropometria militare hanno messo in chiaro che, se nei territori abitati da popolazioni brachicefale (Valle del Po) avviene appunto il fatto constatato altrove da Ammon, Lapouge ed altri, che cioè i cittadini sono più dolicocefali dei campagnuoli circostanti, nelle parti invece abitate da popolazioni dolicocefale avviene precisamente l'inverso, cioè che i cittadini sono più brachicefali dei campagnuoli: fatto che dimostra evidentemente soltanto questo: che la popolazione delle città è dovunque sempre più mescolata di quella delle campagne. Il discernere quanta parte delgi attuali caratteri delle popolazioni si debba a questa od a quella immigrazione od invasione storica, ovvero a quelle lente ed ignorante correnti endosmotiche a cui ho or ora accennato, è uno studio sommamento delicato, e nel quale non si può

Last edit almost 3 years ago by SethCL
5
Complete

5

LA SCHIAVITU MEDIOEVALE 5

avanzare che per via di ipotesi, le quali però, aiutandosi e sostenendosi l'una coll'altra, possono finalmente formare delle assolute certezze. La storia è in questo il principale sussidio dell'antropologia; ma, nello studiare antropologicamente gli avvenimenti umani, certi argomenti che sono così essenziali per lo storico, come lo studio individuale dei personaggi, i mutamenti politici ed economici, vanno lasciati quasi completamente da parte. Giova invece tener conto di tutte quelle notizie, anche minute, e di quei fatti, sia ricavati dalla storia, o desunti dall'osservazione antropologica, che possono darci qualche luce sulla provenienza di queste correnti e sulla possibilita della permanenza di qualche loro residuo anche nella popolazione attuale. Questa nota ha appunto lo scopo di portare un piccolo tributo di tal genere, dimostrando come non sia improbabile che nella popolazione attuale italiana esistano ancora tracce di una notevale immistione di sangue mongolico, avvenuta nel medioevo. Intendo alludere alla introduzione in Italia di schiavi e schiave orientali, fenomeno sul quale gli storici, sebbene i documenti che se ne hanno sieno numerosissimi, si sono soffermati o poco o punto; tanto è vero che soltanto nella seconda metà del secolo scorso sono stati pubblicati degli studi speciali; e nel 1851 una carta di compera di una schiava del sec. XV fu pubblicata in Mantova come rarissimo e forse unico esempio di tali contratti in quel tempo (1).

II.

Dobbiamo distinguere la importazione degli schiavi praticata come oggetto di commercio, dalle diverse forme di schiavitù, più o meno larvata a cui erano soggetti i lavoratori dei campi. Questa seconda varietà, molto importante per la storia sociologica ed economica, non ha però interesse per la nostra questione, se non in quanto dimostra che, se lo sviluppo dei commerci, i viaggi sempre piu lontani dei navigatori e dei mercanti italiani, specie dei veneziani, intensificarono in Italia, verso la fine del medioevo, il commercio degli schiavi pro-

(1) Bongi, Le schiave orientali in Italia, Nuova Antologia, 1866, volume II, pag. 215.

Last edit about 1 year ago by ant_a
6
Complete

6

6 R. LIVI

priamente detti, questo non veniva a costituire una innovazione nei costumi della nazione.

Le prime tracce di un vero commercio di schiavi a Venezia si hanno fino dal 750, sebbene sembri trattarsi più che di importazione, di esportazione di schiavi. Nella Vita di Papa Zaccaria, attribuita ad Atanasio bibliotecario, è detto che diversi mercanti veneziani erano venuti a Roma per comprarvi quantità di schiavi d'ambo i sessi, per poi rivenderli in Africa (1). E fino dal secolo IX si trova che i Dogi tenevano ufficialmente per loro servizio degli schiavi. Erano però questi schiavi molto probabilmente dei prigionieri di guerra, massime galeotti (2).

Il massimo fiorire del commercio degli schiavi fu in Venezia dal 1300 in poi; e Venezia era il mercato massimo di tutta l'Italia. Nel 1379 fu imposta a Venezia una tassa sugli schiavi, tassa che dal 1414 al 1423 forni all'erario veneto l'annuo reddito di 50,000 ducati, che, al ragguaglio di 5 ducati a testa, fanno salire a 10,000 la cifra degli schiavi che annualmente si estraevano da Venezia (3).

In Firenze si trova il commercio degli schiavi riconosciuto e legalizzato da una provvisione dell'8 marzo 1366, con cui si dava licenza a chiunque di condurre a Firenze e suo contado, di vendere, ricomprare, cedere, affittare, ecc. schiavi e schiave, qui non sint catholice fidei christiane, e si davano disposizioni e garanzie in favore della proprietà e contro la fuga, ecc. (4).

Che anche in Firenze gli schiavi fossero in numero non indifferente si rileva dal fatto che in un registro esistente nell'Archivio di ______________________

(1) "Porro eodem tempore contigit plures veneticorum hanc romanam advenisse in urbem negociatores, et, mercimonii nundinas propagantes, multitudinem mancipiorum virilis scilicet et feminini generis emere visi sunt, quos et in Africam ad paganam gentem nitebantur deducere" MURATORI, Rer. ital., Vol. III, pag. 164.

(2) LAZARI, Del traffico e delle condizioni degli schiavi in Venezia nei tempi di mezzo (Miscellanea di Storia patria, edita a cura della R. Dep. di Storia patria. Torino, Stamperia Reale, 1862, Tomo I).

(3) Così il Lazari; e da questo suo calcolo pare che egli ritenesse che la tassa fosse per ogni schiavo che veniva venduto in Venezia. Ma, anche ammettendo, come mi par più probabile, che la tassa fosse, non per ogni vendita, ma una tassa annua da pagarsi dai padroni degli schiavi, non resta meno considerevole la cifra di 10,000 schiavi sopra una popolazione di circa 150,000 abitanti.

(4) ZANELLI, Le schiave orientali a Firenze. Firenze, 1885.

Last edit about 1 year ago by ant_a
7
Complete

7

LA SCHIAVITU' MEDIOEVALE

Stato (1), dove erano annotate, per conto del Comune, le compre e vendite di schiavi fatte in Firenze dal 1366 al 1397, se ne trovano indicati 339 (2). Ma 339 compere in 33 anni darebbero una media annua insignificante, poco più di 10. Invece nel 1° anno (1366) le registrazioni furono 113, nel 2°66, nel 3° 57, nel 4° 18; i ventotto anni, dal 1370 al 1397, si dividono tra loro in modo molto saltuario le altre 85. Evidentemente non si tratta qui di un rapido disuso della schiavitù, ma invece di un rapido disuso della registrazione. Tanto è vero che di quattro compere di schiave avvenute in Frenze nel 1376, nel 1380 e nel 1388, delle quali produrremo più oltre i documenti, nessuna si trova notata in questo registro. A Firenze gli schiavi erano introdotti da sensali genovesi, pisani, veneziani e napoletani (3). Anche a Genova il commercio schiavistico era attivissimo, e forse in quella città si protrasse più a lungo che altrove. Infatti lo Statuto criminale del 1556 pronunzia pene contro chi ruba schiavi (4). E il Cibrario (5) trovò ancora due vendite di schiavi in Genova nell'anno 1677. Se Genova e Venezia erano i due principali centri per la introduzione degli schiavi, non erano però i soli. I mercanti di Spagna ne fornivano a tutta l'Europa. Questo commercio fioriva specialmente a Siviglia (6). A Lucca, come risulta dalle ricerche molto accurate del Bongi, le schiave dovevano essere numerosissime. Firenze, che colla legge _____________________ (1) "Liber seu registrum existens in camera actorum Comunis Florentie, continens in se nomina et prenomina dominorum schiavorum et schiavarum, servorum et servarum, signa et pretia quibus tales schiavi et schiave, servi et serve empti fuerunt, et ipsorum et ipsarum venditiones et alienationes et alias diversas scripturas, et scriptas partim per me Tardaccorri condam Mey de Piglis de Florentia, notarium", etc . (V. Documenti delle relazioni delle città toscane coll'Oriente cristiano e coi turchi, raccolti ed annotati da GIUSEPPE MULLER. Firenze, 1879). (2) ZANELLI, l.c. (3) BIAGI, La vita privata dei Fiorentini, in La Vita italiana nel rinascimento. Milano, 1896, Treves, ed. (4) CANTU', Storia degli Italiani, libro VIII, cap. 82. (5) CIBRARIO, Della schiavitù e del servaggio, e specialmente dei servi agricoltori. Milano, 1868-1869. Stab. tip. Civelli. (6) ZAMBONI, Gli Ezzelini, Dante e gli schiavi, ossia Roma e la schiavitù personale domestica. Vienna, 1870.

Last edit about 1 year ago by ant_a
8
Complete

8

8 R. LIVI

del 6 agosto 1289 aveva abolito il diritto servile nel contado, nel 1415 pobblicava invece, per riguardo agli schiavi importati, quasi un completo regolamento sulla schiavitù, rinnuovando per essi, con aperta sanzione, il diritto servile (1). Anche a Genova, come a Venezia, esisteva una tassa o gabella sugli schiavi (mezzo fiorino all'anno). Dal cartolario di questa gabella pel 1458 si trovano essere allora in quella città 1518 schiave e 63 schiavi, ripartiti sopra 1188 padroni (2). In Roma il magistrato dei Conservatori aveva il diritto di manomettere quegli schiavi che accorressere al Campidoglio a demandare la libertà. Questo privilegio, che Paolo III aveva riconfermato con una costituzione del 1534, fu poi da lui stesso annullato con breve del 1545, col quale proclamò anche a Roma potersi tenere e vender servi. Pio V poi ristabilì, fin dal prio anno del suo pontificato (1560), questo privilegio. Tutte cose che dimostrano come anche in Roma il numero degli schiavi non doveva essere indifferente, e che il loro commercio vi si prolungò ben oltre il medioevo (3). Che schiavi vi fossero anche in Sardegna si può arguire dal fatto che nel diploma dell'infante Don Alfonso d'Aragona, col quale sono confermati i privilegi accordati alla città di Sassari dal re Don Giacomo II, e ne sono conceduti altri (anno 1323, 4° nonas Juli), c'è un articolo col quale si garantisce ai cittadini di Sassari la restituzione degli schiavi che riuscissero a fuggire in terre dipendenti dal regno d'Aragona (4). Il commercio degli schiavi era dunque diffuso e fiorente in tutta l'Italia. Come avvenne la sua sparizione? Certo non per crisi, ma per lisi. A Venezia le leggi dello stato non lo abolirono mai (5); lo stesso si può dire di Genova, dove, come abbiamo veduto, si trovano compre ___________________ (1) BONGI, l.c. (2) BONGI, l.c. (3) BONGI, l.c. (4) "Concedimus insuper in favorem civium et universitatis civitatis ipsius quod quociescumque contingat aliquos servos vel servas civium et habitatorum ipsorum effugere et ab ipsorum potestate absque licentia discedere, servi vel serve ipsi, si reperiri poterunt infra insulam Sardinie vel Regno Aragonum, Valentie ac Comitatu Barchinonie ac terras alias dicti domini regis subiectas dominio, restituantur et tradantur his quorum fuerint, vel nunciis eorundem, contradictione et obstaculo quiescentibus quibuscumque". (Codice della Repubblica di Sassari, edito ed illustrato dal cav. D. PASQUALE TOLA. Cagliri, tip. di A. Timon, 1850). (5) LAZARI, l.c.

Last edit about 1 year ago by ant_a
Displaying pages 6 - 10 of 32 in total