Alberti, Leon Battista, 1404-1472. Deiphira : manuscript, [not after 1472]. MS Typ 422. Houghton Library, Harvard University, Cambridge, Mass.

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terrano intristeza et miseria Et emi te co intervenuto qual suole chi apresso il fabro ben dubitava quel ferro fusse raceso; ma per piu certificarsi il prese et molto si cosse la mano. Cossi a me ove io pur stimava inte esser qualche non poca molestia et ardentissima cura danimo / hora io la sento in questa tua risposta talle che la tropo mi cuoce, et quanto ella sia magiore tanto piu ate desidero levarla. Non e solo utile ma piu virtu levarsi de lanimo le cosse moleste / edove il dolore superchie le nostre forze / segli vuole cedere / poi che cossi solo il dolore se

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vince fugiendo. Et tu stima quanto giovi non tenere il corso aquella rota sotto la quale stia il piede tuo premuto. Ma poi che ate mai fu cosa si cara de la quale negassi me esserne quanto / io volesse participe / qui se questo tuo dolore a te pare caro fannne a me qual sogli / come ad amico parte. Et se te molesto non dubitare che forsi noi dui insieme potremo quello che tu solo non poi. Per cierto io te sero in aiuto / o aconselgio da qualche parte utile avincere laversita o asofferirla. Pallimacro. Oime philarco ne oro ne giemme ne qualsia grandissima

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richeza possono amortali levar i dolori. Et resta philarco meco fare come achi cade lanello di mano in quello pellago, quale quanto piu si trassina piu sintorbida et meno si scorgie aritrovarlo. Quanto piu ciercharai conoscere le mie profunde miserie / tanto piu a me rimescolarai lanimo / et meno da me le poterai discernere. Ne ciercare qui essermi utile in altro chi aiutarmi apiangere, poi che la fortuna cossi di me dispone Philarco. Aime pallimacro, non pianger piu ramentati in quanti modi tu hai altrove vincta la fortuna cum animo virile / et fortissimo / Et che

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giova tanto dolersi de casi adversi se non ne ad agravare; et fare magiore quello che troppo te spiacie. Lassa questo officio a le femine le quale solo sano fin- gere et lacrimare. Vedi una minima ferita, non governata quanto non rado diventi mortale. Et qual si sia ferita, pro- funda cum aiuto estudio altrui spesso si sani. Io sento in sue adversita glialtri per honestare il dolore suo et non parere danimo enervato et feminile / accusare / ola iniquita di soi nemici /ola perfidia dichisesia / ola iniuria dela fortuna. Et molto havere caro piu et piu persone sapiano, quanto esiano indigni di tanta

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calamita; e in quel modo sfogano le fiamme de la sua incesa ira et cocente dolore. Tu hora da chi ti chiami offeso? qual iniuria ti sta qui tanto molesta? qual stimolo te tanto punge ad urtare te stesso / cum si obstinato despiacere et acerbita danimo. Pallimacro. | Misero me, misero me quanto e miei pensieri in me sono gravi; tanto piu stan- no profundi; et meno gli posso risolevare. Londa che sorgie fuori del saxo discuopre / et muove le picole petroline; le grande stanno / e quanto magiore onda sopra giongie tanto piu si cuoprono diminuta giara. Tu

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